Anna
6 figli 11 anni di violenza
Anna (nome di fantasia) parla in terza persona, solo così riesce a parlare di ciò che ha vissuto.
Una ragazza di 20 anni si innamora di un uomo più grande di lei, 16 anni in più,
Lui si presenta come un principe le dà dei regali, è molto premuroso, forse anche troppo; infatti, in poco tempo la convince che nessuno può volerle bene se non lui.
Così i rapporti familiari e amicali di lei si troncano.
Poi lascia il lavoro, l’università e in poco tempo si trova isolata in casa con lui.
Dalle critiche insulti si passa alle botte alle minacce di morte. Dove andare? A chi chiedere aiuto? Anche perché lui la convince che è colpa sua, infatti, dopo i brutti episodi poi lui ridiventa il principe che aveva conosciuto all’inizio. E così passano gli anni i figli nascano crescano in un ambiente violento patriarcale e coercitivo. Poi il coraggio dato dalla paura di morire prima o poi per mano del marito: arriva a fare la denuncia.
Trova chi le crede trova, giudici PM e forze dell’ordine pronte preparate e celeri nel proteggere lei ed i bambini.
Ma sul civile no. Si insinuano nella sua realtà gli assistenti Sociali e tutta una serie di figure che non sono pronte e scaltre nel riconoscere il violento.
In nome della bigenitorialità impongono le frequentazioni padre figli. I più grandi riferiscano di non voler vedere il padre perché ha fatto male alla mamma, perché non si fidano di lui. Ma non importa.
Quello che stride in tutto ciò, indipendentemente dalle questioni legali, è l’amore si vuole imporre?
Si può educare i bambini all’amore in modo coercitivo? È giusto insegnare che l’amore la fiducia sono dati biologici e non dati dall’esperienza e dalla reciprocità? Si impone l’amore. Senza che l’adulto chieda scusa si ravveda faccia un percorso.
Quella ragazza ormai donna ha scambiato per amore ciò che amore non era. Non sapeva che l’amore implica libertà rispetto. Non sapeva che l’amore è incondizionato dolce e premuroso.
Ora lei lo sa, è un’adulta, ha gli strumenti per la consapevolezza e il cambiamento.
Ma quei bambini? Che idea avranno dell’amore? L’imposizione della presenza di un padre che non si ravvede, che continua a perpetrare comportamenti di non amore che effetto porterà ai bambini?
Questa è la cosa che più stride che più fa pensare.
E come potrebbe un sistema giudiziario insegnare l’amore? Non può. Ma impone nelle vite dei bambini figure genitoriali distorte, violente e tossiche solo per un fatto di diritto.
Gli iter giudiziari non si dovrebbero interessare della genitorialità perché essere dei genitori, sufficientemente buoni, non è un fatto di diritto e biologico ma esperienziale, reciproco e di fede.
Fede nell’accudire dei piccoli prima di te, prima dei tuoi diritti. Fede nell’accudire senza un ritorno personale. Fede nell’amare incondizionatamente un piccolo essere umano.