Salvador Bahia

Diario di Viaggio – PRIMA PARTE

SECONDA PARTE —>

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5/8/2018

ore 11,20 – Iniziamo il viaggio con entusiasmo e tanta voglia di vivere una esperienza che riscaldi il cuore.

ore 12,45 – Siamo ancora fermi all’aeroporto di Peretola. L’aereo è troppo pesante (a me viene qualche complesso di colpa) e devono scaricare una buona parte dei bagagli che arriveranno domani. Speriamo che i nostri siano rimasti in stiva.

Ore 12,50 – Finalmente Partiamo, abbiamo un’ora e mezzo di ritardo, ma non dovremmo avere problemi per la coincidenza.

ore 14,30 locali – Siamo atterrati a Lisbona

ore 15.50 – controlli automatici del passaporto

Saliamo sull’aereo per Bahia.

Ore 22.00 locali – Atterrati siamo in fila per i controlli dei passaporti.

Verso le 23,00 arriviamo alla struttura che ci ospita. È un vecchio convento lasciato molto andare. Sorpresa: i bagni ci sono e a sufficienza ma manca l’acqua è la cosa ci fa già immergere nelle difficoltà delle favelas brasiliane.

Abbiamo difficoltà a collegarci ad internet e ad aggiornare il diario.

06/08/2018

Siamo a Salvador, la quarta città più popolosa del Brasile con 2.700.000 abitanti. La struttura che ci ospita, un vecchio monastero dei Passionisti dove l’allaccio dell’acqua è assai difficoltoso, si trova a Boa Viagem, nei sobborghi della città. Nonostante il volo di 9 ore, la sveglia ci trova carichi per il primo evento della giornata: la spesa in un tipico supermercato brasiliano. Maracuja, Gojaba, Mango e banane (vere, non come quelle che arrivano in Europa) si affastellano su banchini e cassette di legno accanto a biscotti al cocco e farine varie. Al rientro Maddalena, la perpetua, ci fa trovare un classico della colazione brasiliana: cous cous da mangiare con uova sbattute e salame.

Il primo vero appuntamento con la storia di Bahia avviene a Bonfim, sede di un famoso e coloratissimo santuario, curioso punto di incontro tra la cultura cristiana ed il Camdonblè, un’antropologia locale molto forte. Salvador è infatti la città più “nera” del Brasile, a causa di un intenso traffico di schiavi. Il primo contatto che uno schiavo aveva con la nuova società non era proprio ottimale: prima di essere venduti venivano smistati in base al sesso e battezzati (solitamente la dimostrazione dell’avvenuto battesimo avveniva con una marchiatura a fuoco). Per mantenere la propria identità gli schiavi, ed in particolare le donne che lavoravano in cucina ed avevano la possibilità di ritrovarsi, cominciarono a venerare i propri Dèi originari attraverso le figure di alcuni Santi cristiani che ne richiamavano le caratteristiche (Santa Barbara e Sant’Antonio per esempio sono molto quotati).

Ci spostiamo nel centro storico. Raggiunto con una corsa in bus degna di far impallidire anche l’autista ATAF più esaurito, il centro storico di Salvador non è molto grande e si sviluppa attorno al Pelourinho, un palo al quale venivano venduti e fustigati sulla pubblica piazza gli schiavi indisciplinati; è una zona dalle tinte vivaci, i ragazzi giocano la capoeira nelle piazze e la vista sulla Bahia è mozzafiato.

l pranzo si svolge all’insegna della tipicità al ristorante “SENAC Pelourinho”, gestito da una locale scuola alberghiera.

Alle 20.30, orario italiano, saremmo volentieri andati a letto, ma il programma ci riservava ben altre sorprese. Il primo incontro che facciamo è con Luìs Gonzaga, ex morador de rua che si batte col Movimento popolaçao de rua per la rivendicazione e l’inclusione dei diritti dei senzatetto nelle Politiche Pubbliche. La peculiarità di questo movimento è che non richiede politiche apposite per i senza tetto ma ne riconosce la dignità e cerca, tramite percorsi di re-inserimento, di aiutarli a far valere i propri diritti.

Il secondo incontro si svolge sempre nel centro cittadino, alla sede dell’associazione Força Feminina: un gruppo di persone che cerca di affiancare le donne che si trovano in condizione di prostituzione. In particolare il sostegno fornito riguarda la presa di coscienza dello stato di sfruttamento a cui le ragazze sono sottoposte e di riflesso aiuta a capire quanto esse realmente valgano. A questo si aggiunge tutta una formazione sulla salute e sulla protezione in strada.

Al nostro rientro ancora l’allaccio dell’acqua non è pervenuto, ma insomma, non siamo qui per le comodità.

Maddalena ci prepara una zuppa spettacolare, con ingredienti non meglio identificati.

07/08/2018

Come ogni viaggio parrocchiale che si rispetti la giornata comincia col classico trio “sveglia, lodi, colazione”. Alle 8.30, stranamente in orario, siamo pronti per il primo evento della giornata: la visita al mercato di São Joachim. Qui si trova letteralmente di tutto, dal pesce fresco alla carne, dagli oggetti rituali del Candomblè alle spezie, alla frutta ed alla verdura. Il mercato è coperto, affollato e vivo; colori ed odori (a dir la verità non sempre piacevoli, viste le condizioni igieniche) si mischiano al brusio delle contrattazioni tra le bancarelle in un quadro davvero rappresentativo.

Usciti dal mercato, forti dei nostri 20 anni ci dirigiamo a piedi verso la antica città coloniale; è l’occasione per immergersi nelle caotiche strade di Salvador, e per vederne da vicino le contraddizioni: macchinoni nuovi sfrecciano tra casette affastellate le une sulle altre, tra condomini alti e senza intonaco, come se dovessero ancora essere finiti i lavori. Passiamo sotto ad un grande cavalcavia che scopriamo essere un punto di riferimento per i senzatetto locali nei finesettimana (nota di colore: mentre attraversiamo delle ragazze cominciano a sbracciarsi da un balcone per attirare la nostra attenzione; vorrebbero che salissimo per dubbi scopi morali ma dopo l’incontro di ieri ed una occhiataccia di Don Marco nessuna reazione – stoicamente – è suscitata).

Arrivati alla città vecchia ci immergiamo più a fondo nella cultura africana di Salvador con una visita al museo di arte africana e ad una chiesa Cattolica fatta costruire dagli ex schiavi.

Arrivati alla città vecchia ci immergiamo più a fondo nella cultura africana di Salvador con una visita al museo di arte africana e ad una chiesa Cattolica fatta costruire dagli ex schiavi.

Per il pranzo ci spostiamo vicini all’oceano: l’azzurro è devastante, davanti a noi solo l’Africa.

Il pomeriggio ci riserva una bella prova: dalla zona turistica e relativamente benestante in cui ci troviamo ci spostiamo verso una di quelle che Papa Francesco chiama le “periferie del mondo”. Qui lo stato non esiste, i narcotrafficanti sono talmente ricchi da corrompere anche la polizia e si entra solo col permesso del boss. Gli occhi di tutti sono puntati su di noi e quando arriviamo tutti sanno già chi siamo ma abbiamo il permesso di passare ed arriviamo senza problemi a destinazione: “Lar Fonte da Fraternidade”.

Lar è una comunità, una famiglia, costruita ormai 16 anni fa da Suor ……. che accoglie una decina di ragazze e ragazzi con gravi deficit psichici. Il posto è accogliente e quasi stona con la realtà delle altre case per l’ordine e la pulizia (segno di attenzione e di cura), che vi si trovano. La Suora ci racconta un po’ la loro storia e la quotidianità di vivere una “periferia (l’assistenza a ragazzi con gravi deficit) nella periferia (il vivere in una delle zone più violente di Salvador)” senza uno Stato che ti sostenga. È una testimonianza forte, che davvero ci fa riflettere: non crediamo che ….. sia una Santa, o una supereroina (o comunque che non lo sia più di quanto non possa esserlo ognuno di noi) è una donna coraggiosa, che ha trovato la sua vocazione e non ha avuto paura di viverla e di andare fino in fondo, sapendo che è nel rapporto con gli ultimi, con i più deboli che Dio ci parla. Indubbiamente abbiamo molto su cui riflettere, su quale sia la nostra vocazione in una realtà che presenta indubbiamente bisogni meno materiali, meno evidenti, ma che li vede più subdoli e nascosti, sulla paura che abbiamo di andare fino in fondo nello scegliere un percorso forse più alto e difficile ma che comunque ci può portare alla pienezza, sul coraggio delle scelte quotidiane.

Insomma, per essere il secondo giorno di carne al fuoco ce n’è!

08/08/2018

Iniziamo il viaggio per Reconcavo progetto educativo per i bambini in una delle 6 zone più pericolose per violenza e droga del Brasile.

Veniamo accolti con canti e balli da questi meravigliosi bambini e ragazzi che ci ringraziano per l’aiuto che tramite Agata Smeralda sta dando a loro una possibilità di una vita diversa.

09/08/2018

Ore 7,00 – preghiamo con le lodi

E poi partiamo con il pulmino per il Centro Pastorale Diocesano per incontrare i rappresentati dei 136 progetti di Agata Smeralda.

Qui incontriamo le varie esperienze e buona parte dei bambini che sono adottati dalla nostra parrocchia

Dopo il pranzo ci concediamo un po’ di riposo e un bagno nell’oceano. È un piccolo paradiso.

Nel ritorno verso casa ci fermiamo a Lagoa De Abaeté, Baia per i pescatori. Qui nel Candomblé viene venerata come orixa (divinità) del mare Jemanja.

Jemanja viene raffigurata come sirena, è donna dai seni fertili e madre affettuosa.

Alle varie divinità del candomblè, come riconoscimento della cultura negra sono state recentemente fatte queste statue che raffigurano le orixa principali.

Ci spostiamo presso una casa coloniale dove gli schiavi neri lavoravano la canna da zucchero. È situata sul mare da dove arrivavano le imbarcazioni con il carico di canna. Qui ci fermiamo per assistere ad uno stupendo tramonto.

10/08/2018

Buongiorno. Ci siamo alzati e abbiamo trovato con sorpresa 2 poliziotti federali nel luogo in cui preghiamo con le lodi. Ci dicono che sono qui in giro e si stanno riposando.

Dopo lodi e colazione partiamo a piedi per raggiungere la parrocchia di Massaranduba, la parrocchia di don Paolo, per partecipare alla festa dei papà del progetto Beija Flor.

Qui incontriamo il gruppo dei giovani della Madonna della tosse arrivato ieri sera. Con loro condivideremo il resto della nostra esperienza.

Il gruppo dei cinque anni

Poi iniziano i balli, la samba che coinvolge tutti.

Conclusa la festa del papà ci viene offerto il pranzo

Prima di salutarci ci regalano un piccolo ricordo

Lasciamo Beija Flor e andiamo nella parrocchia di Fazenda Grande

Prendiamo l’autobus che ha un tornello talmente stretto che i ragazzi fatto fatica a passare. (Immaginate la scena di quando tocca a me a passare!).

Scesi dall’autobus saliamo alla parrocchia di Fazenda Grande, la prima parrocchia della missione Fiorentina a Salvador.

Qui ci aspettano e ci sfidano ad una partita a calcio.

Mentre noi assaggiamo il frutto del cacao

Fazenda Grande è la parrocchia nata ai tempi di don Renzo Rossi come separazione dalla parrocchia più estesa di nostra Signora di Guadalupe a Alto du Perù.

Dopo una merenda offerta dalla comunità parrocchiale insieme al parroco andiamo a visitare alcune famiglia sostenute da Agata Smeralda attraverso le adozioni.

Passiamo per il bario in vicoli stretti, tra case arroccate una sull’altra. Quello che un tempo era una favela ora è un bario: Le mura di taipa (fango) ora sono di mattoni e legno, ma la povertà è rimasta pressoché la stessa. Ci viene chiesto il favore di non fare foto durante il percorso all’interno del bario: il boss non gradisce.

Arriviamo in casa di Mailson. È un ragazzo disabile di 15 anni, ha finito la scuola elementare ma non può frequentare le medie perché le scuole non hanno strutture e personale per lui.

La casa è meno di 20 q.: una stanza con divano e televisione. Dietro il divano la cucina. Nell’altra stanza tre letti attaccati. Il bagno ricavato dietro una tenda. Nonostante il piccolo spazio tutti riusciamo a trovare posto e cominciamo a conversare: a Mailson piace molto la matematica (meno la storia) e vuole diventare un portiere. Questa ultima affermazione ci ha colpito molto: ci testimoniava un sogno umanamente irrealizzabile ma che sopravviveva contro ogni speranza. Ci chiede di presentarci uno ad uno, sa già che non se li ricorderà ma ci chiede di dire i nostri nomi con calma, così da poterci guardare bene.

Poi visitiamo la famiglia di…. il figlio Nicolas è uno dei bambini adottati dalla nostra parrocchia.

lo spazio è ancora piccolo della casa precedente e tutti noi non riusciamo ad entrare.

Proseguiamo la visita entrando nella casa di Maria de Gracias. Gli sono state amputate le gambe e ora vive con il fratello vedovo con 5 figli.

Concludiamo la giornata con la Messa in parrocchia celebrando la festa di San Lorenzo.

Tornati a casa ci confrontiamo sulla giornata, cosa ci ha colpito e cosa abbiamo imparato: stiamo cominciando a toccare con mano la realtà più dura di Salvador e spesso è come ricevere un cazzotto nello stomaco, serve tempo per metabolizzare tutte le storie delle persone che incontriamo e condividere impressioni ed emozioni aiuta a fare il punto!

La serata finisce con un gruppo di adolescenti brasiliani radunati sotto la nostra finestra dal suono della cassa di Lucio!

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