Una comunità che…
prende l’iniziativa
accompagna
coinvolge
fruttifica
festeggia
Rifletteremo insieme partendo dal testo dell’introduzione all’anno pastorale del nostro vescovo Gherardo Gambelli della domenica 24 settembre 2024
Sabato 7 dicembre
dalle ore 15:00 alle ore 19:00
Casa delle Suore Stabilite nella Carità di Monticelli – via Soffiano 3, Firenze
Il Consiglio pastorale invita tutti i giovani e gli adulti a vivere un momento di riflessione, confronto e preghiera in preparazione al Natale.
Ci guiderà don Giovanni Martini.
per prepararci alla riflessione vi invitiamo a leggere il testo dell’introduzione all’anno pastorale del nostro vescovo:
Il testo dell'introduzione
ARCIDIOCESI DI FIRENZE
APERTURA ANNO PASTORALE 2024-25
nella Giornata mondiale del migrante e del rifugiato Cattedrale, domenica 29 settembre 2024
Introduzione dell’Arcivescovo mons. Gherardo Gambelli
Buon pomeriggio a tutti e a tutte. All’inizio di questo nuovo anno pastorale il Signore ci invita a metterci in ascolto dello Spirito, ad ascoltare la sua Parola. I Padri della Chiesa dicevano che la Bibbia è come “inzuppata” dello Spirito Santo: ogni volta che noi ascoltiamo la parola di Dio si sprigiona la forza dello Spirito che ci aiuta a vedere, a giudicare e ad agire. Mettiamoci dunque in ascolto di questa parola tratta dagli Atti degli Apostoli, al capitolo 8 versetti da 26 a 40.
26Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». 27Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, 28stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. 29Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». 30Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». 31Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
Come una pecora egli fu condotto al macello
e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca.
33Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla?
Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.
34Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». 35Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. 36Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». [37] 38Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. 39Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. 40Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.
Oggi celebriamo la Giornata mondiale del rifugiato e del migrante e proprio in questa giornata iniziamo l’anno pastorale. Il titolo che il Papa ha dato al suo Messaggio per questa 110a giornata è Dio cammina con il suo popolo. Per questo abbiamo voluto mettere il segno della tenda all’ingresso della cattedrale, una tenda che è stata decorata con stoffe che sono state portate dalle tante comunità etniche che sono presenti nella nostra diocesi: vogliamo così sottolineare che siamo tutti in cammino e che Dio cammina con noi.
Nel suo Messaggio papa Francesco aggiunge che Dio cammina nel suo popolo. Certo Dio cammina
con il suo popolo, ma Dio cammina anche nel suo popolo.
Dio si rende presente in ognuno e quando noi cerchiamo di camminare insieme, di accoglierci gli uni gli altri, noi facciamo esperienza di Dio che cammina con noi. Se noi riconosciamo Dio che cammina nel suo popolo, diventiamo anche più capaci di discernere Dio che cammina con il suo popolo. Proprio per questo, allora, stasera, dopo questa mia breve introduzione, faremo dei tavoli, dei gruppi in cui cercheremo di metterci all’ascolto gli uni degli altri, in stile sinodale.
C’è uno slogan del Sinodo, che a me piace molto, che dice così: “L’uno all’ascolto dell’altro, tutti all’ascolto dello Spirito”. Abbiamo bisogno di metterci all’ascolto gli uni degli altri, perché così ci mettiamo all’ascolto dello Spirito. Dobbiamo crescere sempre in questa capacità di ascoltarci, di aprirci a tutti coloro che il Signore mette sul nostro cammino.
Abbiamo adesso ascoltato il testo degli Atti degli Apostoli che ci presenta l’incontro tra Filippo con l’eunuco proveniente dall’Etiopia. L’inizio del capitolo 8 degli Atti degli Apostoli è particolarmente significativo e non lo dovremmo dimenticare. Ci racconta la persecuzione che scoppia al momento della lapidazione di Stefano: “In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria” (8,1). Il Vangelo si è diffuso grazie a dei migranti. Non dimentichiamolo: si è diffuso grazie a persone in fuga da Gerusalemme che, invece di lamentarsi, di piangersi addosso, hanno cominciato a parlare di Gesù agli altri.
Filippo è uno di questi, uno dei cosiddetti sette diaconi della Chiesa di Gerusalemme. Costretto a scappare, si è messo in cammino, in ascolto dello Spirito Santo. E proprio così ha avuto il coraggio di prendere l’iniziativa. Questo è un verbo molto importante (cf. EG 24): prendere l’iniziativa. Filippo si è messo in ascolto e ha preso l’iniziativa, sente in qualche modo un appello a mettersi in cammino sulla strada che va da Gerusalemme a Gaza.
“Essa è deserta”, dice l’angelo. Sembra un ordine assurdo quello che gli viene dato: mettersi in cammino per andare in un luogo deserto. Eppure proprio lì incrocia qualcuno che sta tornando da Gerusalemme, qualcuno che si pone delle domande.
Prendere l’iniziativa significa cercare di intercettare i luoghi dove ci sono domande, persone che si pongono delle domande. Non so se ricordate, qualche anno fa c’era una maglietta che ha avuto un certo successo, che portava la scritta: Jesus is the answer, Gesù è la risposta. Qualcuno ironicamente diceva: “Ma qual è la domanda?”. Il rischio è un po’ questo, che noi rispondiamo a domande che nessuno ci pone. Prendere l’iniziativa significa mettersi in ascolto, perché le domande ci sono, ma non necessariamente quelle che pensiamo noi, ma quelle che lo Spirito suscita e che noi siamo chiamati ad ascoltare. Prendere l’iniziativa, dunque: è questo il primo verbo che sottolineiamo.
Il secondo è accompagnare. Che cosa fa Filippo? Si avvicina a quel carro, vede che quell’eunuco sta leggendo il libro del profeta Isaia e gli pone una domanda: “Capisci quello che stai leggendo?” “E come potrei – gli risponde – se nessuno me lo spiega?”. E l’eunuco invita allora Filippo a sedere accanto a lui. Ecco il secondo verbo: accompagnare. E questo accompagnamento è caratterizzato dal fatto che, proprio ascoltando la domanda, Filippo progressivamente comincia a parlare di Gesù.
Come comincia a parlare di Gesù? Filippo comincia a parlare di Gesù quando l’eunuco gli chiede: “Ti prego, dimmi di chi sta parlando questo profeta, di lui stesso o di un’altra persona?”. Perché la risposta a questa domanda è così importante per l’eunuco? È importante perché il testo parla di qualcuno che è rifiutato, che non è accolto, del servo del Signore: “Come una pecora egli fu condotto al macello, e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita” (cf. Is 53, 7-8).
L’eunuco stesso si identifica con la figura di cui parla Isaia: anche lui è andato al tempio di Gerusalemme, ma non ha potuto partecipare al culto, è stato escluso a causa della situazione che viveva.
Per l’eunuco la risposta a questa domanda è molto importante, perché se il testo parla di lui significa che c’è posto anche per lui, che dunque lui non è escluso. E così, partendo da quel passo della Scrittura, Filippo gli annuncia Gesù e soprattutto gli fa capire che Gesù è davvero la risposta, che Gesù lo ama, lo accoglie così com’è. L’eunuco trova così la risposta; capisce che quel passo del profeta Isaia sta parlando di Gesù, ma sta parlando anche di lui.
Ed ecco, dopo il primo verbo ‘prendere l’iniziativa’ e dopo il secondo accompagnare’, c’è un terzo verbo importante, che è il verbo coinvolgersi.
Notiamo che quando Filippo accoglie la richiesta dell’eunuco di ricevere il battesimo, nel testo si racconta un particolare molto interessante: “Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco”. Lo ribadisce due volte: “Scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco”. Perché lo sottolinea? Perché quel gesto è un gesto molto coraggioso: Filippo accoglie qualcuno che è escluso dalle pratiche culturali di Israele e si coinvolge in quel gesto. Non lo battezza tenendo le distanze, ma scende con lui nell’acqua. Coinvolgersi significa questo, avere il coraggio di assumere i rischi che comporta accogliere fino in fondo.
Prendere l’iniziativa, accompagnare, coinvolgersi. Ed ecco ora il quarto verbo: fruttificare.
L’eunuco, ricevuto il battesimo, esce dall’acqua pieno di gioia e va per la sua strada; Filippo viene rapito dallo Spirito Santo, sparisce dalla sua vista e lui riprende il suo cammino pieno di gioia. Scopo dell’evangelizzazione non è quello di voler portare le persone sulla nostra strada, di riempire le chiese, ma di voler fare in modo che le persone accolgano Gesù nella loro vita e possano essere riempiti di questa gioia.
Fruttificare: san Paolo nella lettera ai Galati sottolinea che “il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. La gioia è un frutto dello Spirito.
E infine ecco l’ultimo verbo: festeggiare.
Questo è meno evidente, ma se poniamo attenzione, nella parte finale del testo che abbiamo ascoltato leggiamo:
“Filippo si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava finché giunse a Cesarea”.
Cesarea è il luogo dove nascerà una piccola comunità, come leggiamo alla fine degli Atti degli Apostoli. Nella comunità noi siamo sempre invitati a vivere la festa. Papa Francesco al n. 24 di Evangelii Gaudium scrive: “La comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi. ”.
Quando il Papa ci invita a festeggiare – lo dicevo ieri un po’ scherzosamente incontrando un gruppo di catechisti della parrocchia dei Santi Fiorentini – non vuole dire che dobbiamo organizzare una festa. Questo lo sappiamo fare e anche bene.
Festeggiare nel senso indicato da papa Francesco è però un’altra cosa. Significa che le nostre liturgie diventano belle quando sono vissute e partecipate, quando noi cerchiamo davvero di aprirci agli altri, riconoscendo la ricchezza che porta ogni persona, la presenza di Dio che cammina nel suo popolo. Diventano belle perché non soltanto evangelizzano, ma anche ci evangelizzano, ci permettono davvero di essere persone che attraverso la bellezza della liturgia sperimentano la bellezza di appartenere a Gesù e la bellezza di comunicarlo agli altri.
Tante cose si possono fare nella vita senza gioia, ma non si può evangelizzare senza gioia. È una dimensione fondamentale.
Siamo all’inizio dell’anno pastorale e viviamo un tempo davvero molto bello; è anche il tempo in cui si sta preparando la prossima assemblea del Sinodo della Chiesa universale e poi anche l’assemblea del Sinodo della Chiesa italiana.
Nell’Instrumentum laboris del Sinodo sulla sinodalità (il documento guida per i lavori del Sinodo della Chiesa universale) mi ha colpito molto il paragrafo intitolato Accountability dove si insiste su due cose che mi sembrano particolarmente importanti per la nostra Chiesa: trasparenza e rendiconto.
Stiamo iniziando insieme l’anno pastorale: quello che adesso siamo chiamati a fare nei tavoli attorno ai quali ci sederemo è proprio interrogarci a partire dal messaggio del Papa affinché possiamo con il contributo di tutti elaborare alcune priorità pastorali per la nostra diocesi, per la nostra parrocchia, per il nostro movimento, per la nostra comunità religiosa.
È importante cercare di mette per iscritto questi obiettivi, cose semplici che siano alla nostra portata per poi verificarne l’attuazione. Alla fine dell’anno faremo poi un’assemblea conclusiva per fare una verifica.
Questo deve essere lo stile che ci accompagna: lo stile della trasparenza, lo stile del rendiconto. Ci diamo degli obiettivi, verifichiamo e, se non siamo stati capaci di realizzarli, cerchiamo di capire perché e come possiamo fare meglio.
Quello che per noi è importante è crescere nella capacità di mettere sempre il Signore al centro del nostro cammino e di affidarci al suo amore che ci spinge ad allargare sempre i nostri confini.
Ci dividiamo adesso nei vari gruppi e vi invito a mettervi in ascolto gli uni degli altri. Ci ritroveremo al termine dei lavori per la celebrazione dell’Eucarestia. Sono convinto che, se ci apriamo davvero alla forza dello Spirito, il mandato che verrà dato a tutti durante la celebrazione di stasera sarà proprio un mandato in cui ognuno si sente davvero responsabile, in cui ognuno si sente coinvolto, in cui ognuno sente l’appello forte di questi cinque verbi: prendere l’iniziativa, accompagnare, coinvolgersi, fruttificare e festeggiare.