4ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Canto
Atto penitenziale
Signore Gesù, l’amore pazienta e tutto sopporta, ma noi viviamo nell’impazienza e nell’intolleranza: abbi pietà di noi.
Signore, pietà!
Cristo Signore, l’amore non invidia e non si vanta, ma noi viviamo nella gelosia e nell’orgoglio: abbi pietà di noi.
Cristo, pietà!
Signore Gesù, l’amore tutto spera e tutto soffre, ma noi viviamo senza sperare più nulla: abbi pietà di noi.
Signore, pietà!
Gloria
Colletta
O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell’umanità che accetta o respinge la tua salvezza, fa’ che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell’annuncio missionario del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ger 1,4-5.17-19
Dal libro del profeta Geremia
Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti».
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Salmo responsoriale dal Salmo 70
Rit. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
Rit.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
Rit.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.
Rit.
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.
Rit. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
Seconda Lettura 1Cor 12,31-13,13
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Canto al vangelo Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Il Signore mi ha mandato
a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia, alleluia.
VANGELO Lc 4,21-30
Dal Vangelo secondo Luca
Gloria a te, o Signore.
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore. Lode a te, o Cristo.
La professione di fede
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.
Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno e lo cacciarono fuori della città.
La nostra preghiera di oggi
Prete: Ci è tanto difficile, Signore, vivere la carità senza finzioni, compiere oggi la tua parola se non vieni in nostro aiuto. Per questo ti preghiamo:
• Aiutaci, Signore a dare il pane a quelli che hanno fame, a destare fame di giustizia in quelli che hanno il pane,
– perché tu solo puoi saziare i nostri bisogni.
• Aiutaci, Signore a dare forza a quelli che sono deboli, a portare umiltà a quelli che si credono forti,
– perché tu solo sei la fortezza.
• Aiutaci, Signore a testimoniare fede a quelli che sono nel dubbio, a destare inquietudine in quelli che credono di possederti,
– perché tu solo sei la verità.
• Aiutaci, Signore a dare sapienza a quelli che ti cercano, ad annunciare la stoltezza della croce agli intelligenti
– perché tu solo sei luce alle nostre menti.
• Aiutaci, Signore a dare la pace a quelli che soffrono violenze, a trovare percorsi di giustizia e di solidarietà che abbattono le tensioni di guerra, soprattutto in Ucraina,
– perché tu solo sei la riconciliazione.
• Aiutaci, Signore, a costruire una società libera dal razzismo e dalla cattiveria, da ogni forma di odio e di sopraffazione
– perché tu solo sei misericordia e giustizia.
• Aiutaci, Signore a vivere la speranza che, insieme a (….. e a) tutte le nostre sorelle e i nostri fratelli defunti, parteciperemo al regno
– perché tu solo sei la salvezza.
Prete: Ti rendiamo grazie, o Dio, Padre nostro, per l’amore che ci hai manifestato in Gesù Cristo: per noi egli ha sopportato tutto e con noi porta alla sua piena realizzazione questo vasto mondo che è venuto a salvare. Egli è Dio e vive e regna… Amen.
Canto all’offertorio
Santo
Agnello di Dio
Antifona alla comunione
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. (Lc 4,21)
Comunione
Canto finale
Per la preghiera a casa
Orientamenti per la preghiera
Leggere nella bibbia: dal libro del profeta Geremia. Seguiamo il suo cammino di profeta attraverso la lettura dei capitoli: 15,10-20,18; 31, 31-34
Liturgia delle ore: IV settimana del salterio
Le letture di Domenica prossima, Quinta del tempo ordinario – anno C
Isaia 6,1-2.3-8; Salmo 137; 1Corinti 15,1-11; Luca 5,1-11
Le pretese umane e il dono di Dio
C’è un motivo che spiega il rifiuto di Gesù. I suoi ascoltatori vogliono miracoli: «Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!» (v. 23). Chiedono lo straordinario nei fatti, anzi, quasi vorrebbero un trattamento di privilegio: è quasi d’obbligo che un uomo che possiede un potere fuori del comune realizzi qualcosa di particolare prima di tutto per il proprio paese; è la filosofia spicciola del «campanile». Per i nazaretani si tratta di qualcosa di più serio. A livello più profondo, ci troviamo di fronte alla mentalità comune a tutto Israele: la teologia dell’elezione aveva creato la convinzione di una priorità, che sconfinava spesso nell’esclusività: Dio aveva amato Israele, aveva scelto Giacobbe invece di Esaù, e questo fatto pian piano aveva snaturato i rapporti con Dio. Ciò che Dio aveva donato con amore gratuito era finito per esser recepito come un diritto; non era più Dio a dire «mio popolo», ma era il popolo a dire con senso di possesso «mio Dio»; il possesso sembrava postulare una rivendicazione e la rivendicazione poteva scivolare in una specie di arroganza e di esclusività.
Le due citazioni, che Gesù porta dalla vita di Elia (1Re 17,1ss) e dalla vita di Eliseo (2Re 5,1ss), hanno questo significato: anche nei momenti in cui il bisogno di salvezza è più urgente, Israele non può vantare diritti davanti a Dio; il Signore manda i suoi profeti là dove la sua azione è accolta come un dono e non pretesa come un diritto. Per questo anche Gesù non soddisfa la richiesta dei nazaretani, che esigono dei segni mentre rifiutano la fede (Mt 12,38). Ciò che viene affermato qui è appunto il primato della fede: Dio è riscontrabile là dove l’uomo è disposto a riscontrarlo; Dio si fa vedere là dove l’uomo ha gli occhi aperti; Dio tace e si nasconde là dove è messo a tacere o viene ignorato.
Con questo richiamo alla fede Gesù chiarisce la giusta direzione, la giusta strada per il Regno: la gratuità del Padre, la sua misericordiosa benevolenza si rivelano soltanto a contatto con l’umile accoglienza dell’uomo. Chi invece pretende una specie di confronto con Dio, esigendo da lui l’esibizione di credenziali del tutto probanti (in questo caso il miracolo) è fuori della strada del Regno. Si vorrebbe fare della fede una sorta di investimento basato su una specie di calcolo di probabilità; ma il Regno è fiducia in Dio senz’alcuna riserva (Lc 1,20). Gesù chiede questo ai suoi ascoltatori, e lascia capire che l’elezione da parte di Dio e tutte le promesse profetiche legano il popolo al suo Signore, ma senza diritti particolari, se non quello che l’annuncio del Regno sia fatto in primo luogo ad Israele, cioè che l’oggi di Dio sia rivelato là dove la Parola aveva trovato la sua prima risonanza umana. Israele era stato amato per primo, ma questo amore rimane libero, e muore non appena si tenta di catturarlo: l’accaparramento indebito vanifica la consistenza del dono.
Gesù rimprovera ai nazaretani quello che è stato tante volte il peccato di tutto il popolo, ma essi non accettano il suo discorso e si scagliano contro di lui con violenza. È il primo atto di una storia di cui già si presagisce la conclusione: all’inizio e alla fine di questa storia il popolo conduce Gesù «fuori della città», sul rialzo di una collina. Gesù si lascia condurre sul ciglio del dirupo su cui è costituita Nazaret perché sia chiaro il segno di quanto vuole prefigurare; poi riprende in mano le redini della vicenda e da Signore della storia passa oltre e se ne va (cf. v. 30). Ma dove si dirige? È molto chiaro: egli intraprende quel cammino che dal segno lo condurrà alla piena realtà, dalla collina di Nazaret al monte di Gerusalemme, perché «non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Le 13,33). Nel Vangelo di Luca, tutta la missione di Gesù si svolge lungo un cammino verso Gerusalemme. L’evangelista concepisce la vita pubblica di Gesù come un pellegrinaggio al monte del Signore.
Ernesto Menichelli, monaco di Camaldoli
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