4ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Canto
Atto penitenziale
Per quel tanto che abbiamo mancato alla profezia con la nostra vita, rispetto ai figli, alla professione, alla società civile, per noi e per la chiesa, Signore pietà.
Signore, pietà!
Se non abbiamo cercato di liberarci dal malvagio che sta dentro di noi, dal nostro spirito di male che altera la coscienza, per noi e per la chiesa, Cristo pietà.
Cristo, pietà!
Se non ci siamo dedicati alle cose di Dio senza distrazione e, come dice l’apostolo Paolo, cercando di tenerci uniti e indirizzando la nostra vita sempre a ciò che è degno, per noi e per la chiesa, Signore pietà.
Signore, pietà!
Gloria
Colletta
O Padre, che nel Cristo tuo Figlio ci hai dato l’unico maestro di sapienza e il liberatore dalle potenze del male, fa’ che sperimentiamo l’intima gioia di affidarci unicamente a te, per testimoniare con la vita la nostra fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Dt 18,15-20
Dal libro del Deuteronomio
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto.
Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.
Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Salmo responsoriale dal Salmo 94 (95)
Rit. Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.
Rit.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.
Rit.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere»
Rit. Ascoltate oggi la voce del Signore.
Seconda Lettura 1Cor 7, 32-35
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!
Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.
Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Canto al vangelo Mt 4,16
Alleluia, alleluia.
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano
in regione e ombra di morte
una luce è sorta.
Alleluia, alleluia.
VANGELO Mc 1,21-28
Dal Vangelo secondo Marco
Gloria a te, o Signore.
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Parola del Signore. Lode a te o Cristo.
La professione di fede
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.
Che è mai questo?
Un insegnamento
nuovo,
dato con autorità.
La nostra preghiera di oggi
Prete: Fratelli e sorelle, al Signore nostro Dio che ancora oggi ci parla attraverso Gesù Cristo innalziamo la nostra preghiera:
- Signore, suscita ancora fra noi profeti che abbiano il coraggio di denunciare l’ingiustizia e la sofferenza:
– proclamino la tua Parola con forza e trovino ascolto da parte dei fratelli - Guarda, Signore, a quelli che sono oppressi dalla malattia:
– trovino quella guarigione che solo tu puoi dare e siano consolati dalla nostra vicinanza e dalla nostra cura. - Attira a te, Signore, tutti gli uomini del mondo:
– quelli che sono attratti dall’insegnameto di Gesù e quelli che restano incapaci di credere e di sperare in lui. - Infondi, Signore, in noi coraggio e generosità per intervenire con speranza nelle situazioni di oppressione e di dolore che incontriamo ogni giorno:
– donaci il tuo Spirito per accostarci con misericordia a chi si sente lontano da te. - Signore, portaci nella tua comunione insieme a (….. e) tutte le sorelle e i fratelli defunti,
– affinché la nostra vita risplenda del tuo amore.
Prete: Padre, ti rendiamo grazie esprimendo la nostra fede nel tuo Figlio, il santo di Dio: attraverso la sua morte e la sua resurrezione egli ci libera da tutte le potenze del male. Egli è Dio… Amen.
Canto all’offertorio
Santo
Agnello di Dio
Antifona alla comunione
Erano stupiti del suo insegnamento, dato loro come uno che ha autorità. (Cfr. Mc 1,22)
Comunione
Canto finale
Per la preghiera a casa
Orientamenti per la preghiera
L’autorità dell’insegnamento di Gesù: Mt 5, 17-48; 21,23-27; Gv 8,13-30; Mc 2,15-3,6
Letture di domenica prossima, V del tempo Ordinario B:
Giobbe 7,1-4.6-7; Salmo 146; 1Corinti 9,16-19.22-23; Marco 1,29-39.
Un profeta come Mosè
Luca Mazzinghi
«Mosè parlò al popolo dicendo»: supponiamo che il lettore incaricato della prima lettura abbia superato il primo scoglio della liturgia della Parola di oggi, pronunciare, cioè, senza impappinarsi: “dal libro del Deuteronomio”; la maggior parte dei presenti alla celebrazione riuscirà comunque solo con molta difficoltà a capire esattamente di cosa parli una tale lettura. Eppure vale la pena di spenderci due minuti, almeno per avere le idee chiare sul Vangelo.
Il brano liturgico ci porta all’interno del libro del Deuteronomio, in una grande sezione (Dt 12‑26) che contiene quello che gli studiosi chiamano il “codice deuteronomico”, ovvero una raccolta di leggi, risalenti forse all’VIII sec. a.C., e confluite, più tardi, nell’attuale libro del Deuteronomio. Una preoccupazione importante, in questo codice, è quella di stabilire che cosa ci si aspetti dai capi d’Israele: tutti sono tenuti a sottomettersi alla parola del Signore; ciò avviene per i giudici (Dt 16,18‑7,7), per il re (17,14‑29) e per i sacerdoti e i leviti (18,1‑8). Soltanto allora il testo ricorda i profeti, dopo avere però ammonito Israele contro la presenza di maghi e indovini (18,9‑14). Quanto ai profeti, il testo si apre con l’annunzio che Dio stesso susciterà un profeta pari a Mosè, un uomo cioè che avrà con Dio la stessa familiarità che Mosè ha avuto e, come lui, potrà portarne le parole al popolo; ma il libro stesso del Deuteronomio, proprio alla sua conclusione, nega che ciò sia di fatto avvenuto in Israele (Dt 34,10); Mosè appare nel libro come un profeta unico nel suo genere.
Il brano liturgico, poi, termina con un’ammonizione rivolta ai falsi profeti, che hanno la presunzione di parlare a nome del Signore. Il testo dei Deuteronomio ci pone perciò in una situazione d’attesa, ma anche di problematicità: chi sarà vero profeta del Signore? Alla luce del brano del Vangelo la liturgia di oggi suggerisce come tale attesa si scioglie nella persona di Gesù, la cui voce il ritornello del salmo ci invita ad ascoltare.
Il brano del Vangelo di Marco proposto dalla liturgia di oggi è l’inizio di una sezione molto importante e significativa; in Me 1,21‑39 il secondo evangelista apre la sua narrazione descrivendoci una giornata‑tipo di Gesù a Cafarnao (la seconda parte di questa “giornata” verrà letta nel testo della prossima domenica). Marco mette insieme, in modo del tutto originale, episodi che in Matteo e Luca si trovano invece in contesti diversi: la guarigione dell’indemoniato, al centro del brano di oggi, è riferita dal solo Luca (Lc 4,31‑37). Il centro letterario intorno al quale Marco crea il suo racconto è la domanda che nasce dallo stupore della gente di fronte all’azione di Gesù: che è mai questo (1,27)? Una delle chiavi per rispondere a questa domanda sta nel contesto nel quale Marco inserisce la giornata di Gesù: essa inizia, infatti, nella sinagoga, con la preghiera del sabato (v. 21) e termina con la preghiera notturna e solitaria di Gesù (1,35). Il segreto di Gesù, di fronte al quale lo stupore della folla si traduce in domande per adesso senza risposta, sta nella sua singolare relazione con il Padre.
Per quanto riguarda il brano di oggi il testo di Marco mette in rilievo due elementi sui quali dobbiamo soffermarci con più attenzione: il primo (vv. 23‑26) è la guarigione dell’uomo posseduto da uno spirito impuro; il secondo ci é dato dalla cornice letteraria (vv. 21‑22 e 2728), che mette in risalto lo stupore della gente di fronte all’autorità e all’insegnamento di Gesù. Sarà proprio su questo tema che ci fermeremo un po’ più a lungo, per ricollegarci con quanto abbiamo già udito nella prima lettura.
Una cosa certa è che gli, esorcismi non mancano nel vangelo di Marco e che, anzi costituiscono una parte importante del ministero di Gesù. Coloro che vedono il diavolo dappertutto saranno senz’altro felici nel poterne parlare a lungo, oggi! In realtà, e al di là dì facili battute, il testo di Marco parla più esattamente di “spirito impuro”; in Marco, come in tutto il Nuovo Testamento sono del tutto assenti le speculazioni sui diavoli proprie della letteratura giudaica del tempo. Lo “spirito impuro” viene descritto con molta sobrietà, non viene identificato “con una realtà personale precisa e la sua vera identità non interessa all’evangelista; esso è presentato come un’entità che si oppone ferocemente a Gesù e che rende schiavo l’uomo del quale si è impossessato e della quale comunque Gesù è infinitamente più forte.
Nel brano che abbiamo ascoltato, l’attenzione di Marco si concentra sul dialogo tra lo spirito impuro e Gesù; lo spirito parla al plurale, rivelando così di essere l’espressione di una moltitudine; si osservi a questo proposito come tutta la scena si svolga all’interno della sinagoga, di fronte agli scribi, nel giorno di sabato; gli scribi, osservanti attentissimi delle leggi di purità, tollerano che uno spirito impuro sia presente nella “loro” sinagoga. Da parte di Marco è rilevabile un’intenzione certamente polemica nei confronti dell’atteggiamento degli scribi; sono loro la “moltitudine” alla quale allude lo spirito impuro: liberando l’uomo da tale spirito, Gesù lo libera anche da un sistema di valori che lo rendeva schiavo. Non a caso Marco ha introdotto la scena, come già si è notato, sottolineando l’opposizione esistente tra l’insegnamento e l’autorità di Gesù e l’autorità e la dottrina degli scribi (v. 22). t su . quest’ultimo aspetto che fermeremo adesso la nostra attenzione, ritornando così al tema principale della liturgia odierna.
All’inizio e alla fine del brano Marco ricorda l’insegnamento di Gesù: «egli si mise a insegnare ed erano stupiti del suo insegnamento» (vv. 21-22); dopo l’espulsione dello spirito impuro la folla si interrogherà su quella “dottrina nuova” che Gesù è venuto a insegnare. È interessante notare come Marco non ci descriva affatto il contenuto dell’insegnamento e della dottrina di Gesù, ma soltanto i suoi effetti, tra i quali emerge la violenta reazione dello spirito impuro. Marco vuole cosi mostrare l’efficacia di quella “buona notizia” che Gesù è venuto a proclamare. Di fronte alla parola di Gesù il male non può resistere e l’uomo non può più restarne a lungo schiavo.
Va notato, a questo riguardo, come Gesù non permetta allo spirito impuro di parlare (v. 25), proprio nel momento in cui esso sta rivelandone l’identità: “Tu sei il Santo di Dio!”. Più avanti Marco sottolinea apertamente come Gesù impedisse ‘ai demoni di parlare, perché lo conoscevano (1,34; v. anche il testo di Mc 3,1112). Avremo l’occasione di approfondire questo tema così caratteristico di Marco, il cosiddetto “segreto messianico”. Per adesso è sufficiente osservare che Gesù non ha alcun bisogno della testimonianza dei demoni; solo sulla croce sarà pienamente rivelata la sua identità di Figlio di Dio; Gesù non è prima di tutto né un esorcista né un taumaturgo (anche se è presentato in entrambe le vesti); è piuttosto il segno vivente della misericordia di Dio che porta all’uomo il “lieto annunzio” e che con questa Parola lo libera dalle forze del male. L’efficacia della Parola di Gesù è ben più importante dei suoi contenuti morali o dottrinali.
La figura di Mosè, presentataci nella prima lettura, è nel giudaismo assolutamente unica; un “profeta pari a Mosè” in realtà per il popolo d’Israele non è mai arrivato. La presentazione che Marco fa di Gesù, in questo primo segno da lui compiuto, avviene in un contesto dal quale ben si comprende quanto addirittura Gesù sia superiore allo stesso Mosè. Da qui nasce l’aperta contrapposizione con gli scribi, che anticipa lo scontro con le autorità religiose giudaiche che caratterizza l’intero vangelo di Marco (e non solo di Marco!). L’autorità degli scribi è ormai minacciata dalla ben superiore autorità di Gesù. Egli si presenta come il portatore di una tradizione che, senza rinnegare quella già esistente, si pone allo stesso tempo come del tutto nuova: «una dottrina nuova, insegnata con autorità». Il Vangelo si conclude con una domanda, che la gente si pone di fronte a una simile scoperta: «che è mai questo?». Emerge qui per la prima volta la caratteristica forse più tipica della prima parte di Marco: la domanda sull’identità di Gesù. Vedere Gesù all’opera fa nascere interrogativi e provoca stupore, eppure ciò non è sufficiente; non sempre lo stupore di fronte a Gesù e l’incontro con lui conducono alla fede, ma al massimo ad un’inutile notorietà: «la sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea». La folla trasformerà ben presto il suo stupore in dichiarata ostilità. Vincere la battaglia contro gli spiriti impuri è molto facile; ben più difficile, anche per Gesù, è vincere la battaglia contro l’incredulità degli uomini.
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