32ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Canto
Atto penitenziale
Signore Gesù, tu doni il pane all’affamato ma noi non vediamo il nostro fratello che ha fame: abbi pietà di noi.
Signore, pietà!
Cristo Signore, tu proteggi lo straniero ma noi non vediamo lo straniero che ci vive accanto: abbi pietà di noi.
Cristo, pietà!
Signore Gesù, tu ti ricordi dell’orfano e della vedova ma noi non vediamo chi è solo e abbandonato: abbi pietà di noi.
Signore, pietà!
Gloria
Colletta
O Padre, che soccorri l’orfano e la vedova e sostieni la speranza di chi confida nel tuo amore, fa’ che sappiamo donare tutto quello che abbiamo, sull’esempio di Cristo che ha offerto la sua vita per noi. Egli è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 1Re 17,10-16
Dal primo libro dei Re
In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere».
Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo».
Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Salmo responsoriale dal Salmo 145 (146)
Rit. Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Rit.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
Rit.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
Rit. Loda il Signore, anima mia.
Seconda Lettura Eb 9,24-28
Dalla lettera agli Ebrei
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Canto al vangelo Mt 5,3
Alleluia, alleluia.
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Alleluia, alleluia.
VANGELO Mc 12,38-44
Dal Vangelo secondo Marco
R. Gloria a te, o Signore.
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Parola del Signore. Lode a te, o Cristo.
La professione di fede
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.
La vedova ha
gettato nel tesoro
più di tutti gli altri
poiché vi ha messo
tutto quello
che aveva
La nostra preghiera di oggi
Prete: Preghiamo il Signore nella lode per il suo amore gratuito per noi:
Signore, donaci il tuo Spirito d’amore.
- Tu che ti sei offerto una volta per tutte per riconciliarci con il Padre,
– insegnaci a pregare in spirito e verità. - Tu che hai osservato come grande il piccolo dono della vedova al tempio,
– fa’ che impariamo a donare con gioia. - Tu che hai chiesto di non giudicare e di non condannare,
– fa’ che ci riconosciamo bisognosi della tua misericordia. - Tu che sai ciò di cui abbiamo bisogno,
– ispiraci il discernimento di ciò che è il vero bene. - Tu che conosci il cuore di ognuno di noi,
– dacci la forza di vincere le nostre ipocrisie. - Tu che ti sei fatto povero dona alla chiesa, sull’esempio di Papa Francesco, di rifuggire ogni ipocrisia religiosa
– e la semplicità evangelica sia segno del suo appartenere solo a te. - Tu che nel tuo dono d’amore hai aperto all’umanità la porta del regno dei cieli, accogli (…. e) i nostri fratelli defunti nella tua pace,
– e rinnova in noi la speranza della resurrezione.
Prete: Padre santo, Gesù tuo Figlio ci ha detto; «Guardatevi dagli scribi che amano gli incarichi di prestigio e i primi posti. Prendete esempio dalla povera vedova che, nella sua povertà, continua, ad avere fiducia in Dio». Egli, fratello e Signore, ci aiuti a realizzare nella nostra vita queste parole. Egli vive e regna… Amen.
Canto all’offertorio
Prefazio
È dono grande del tuo amore cantare la tua gloria,
Padre santo, che doni tuo Figlio
per farci scoprire la potenza della tua misericordia.
Egli conosce il cuore dell’uomo,
e sa valorizzare la grande fede
di chi offre con amore quel poco che possiede,
perché si affida totalmente alla tua provvidenza.
Parimenti Gesù ci mette in guardia
dal cercare la gloria umana,
compiendo gesti vuoti e falsi,
incapaci di donare ai fratelli
e di raggiungere il tuo cuore.
Il tuo Figlio purificando la religione
libera i poveri dal potere e dall’oppressione
di quanti credono di contare ai tuoi occhi
confidando solo nelle loro ricchezze,
e loda pubblicamente chi dimostra piena fiducia in te,
che ti prendi cura delle tue creature,
dei poveri soprattutto.
Insieme alla Chiesa,
chiamata a camminare nelle periferie della storia
per operare al fianco degli ultimi,
in sintonia con i Santi,
grandi modelli di abbandono fiducioso alla provvidenza,
eleviamo a te, Dio fedele, il canto della lode:
Santo
Agnello di Dio
Antifona alla comunione
«La vedova ha gettato nel tesoro più di tutti; nella sua miseria ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere. (Cf. Mc 12,43-44)
Comunione
Canto finale
Per la preghiera a casa
Orientamenti per la preghiera
Leggere nella bibbia: La generosità del dono (Salmi 40;145; Siracide 3,30-4,10; 1Giovanni 3,11-24); lasciare tutto (Luca 5,11-28; 18,18-30)
Le letture di Domenica prossima, XXXIII del tempo ordinario – anno B
Daniele 12,1-3; Salmo 15; Ebrei 10,11-14.18; Marco 13,24-32
Il miracolo di una vedova
Le parole del Sal 146, usate come salmo responsoriale, ci hanno bene introdotto al tema della liturgia di oggi: il Signore è dalla parte dei poveri; «egli sostiene l’orfano e la vedova». Proprio queste due categorie di persone, che nell’Israele antico erano per definizione categorie prive di speranza, sono al centro sia della prima lettura che del Vangelo di questa domenica.
La prima lettura ci introduce all’interno del ciclo del profeta Elia (1Re 17‑19); il racconto del libro dei Re è probabilmente opera di un discepolo del profeta, vissuto all’epoca di Acab, re d’Israele, verso la prima metà del IX secolo a.C. Il redattore della storia deuteronomista, cioè di quel complesso di libri che va da Giosuè a 2Re, ha ripreso questi racconti e li ha rielaborati in una precisa prospettiva: il profeta Elia diviene la coscienza critica d’Israele, l’uomo che Dio ha mandato perché il popolo impari a seguire la parola del Signore. L’inizio della storia di Elia non è molto incoraggiante, neppure per il profeta stesso: in 1Re 17,1‑6 si narra come Elia abbia voluto dare un segno a Israele che, abbandonando il Signore, aveva ormai seguito il dio di Canaan, Baal. Elia annunzia una grave siccità, di cui egli stesso però rimane vittima, quasi come un apprendista stregone; soltanto grazie all’intervento diretto del Signore Elia potrà trovare acqua e cibo presso il torrente Cherit.
Ma il Signore lo manda più lontano: in 1Re 17,7‑9 il profeta è inviato fuori dalla sua terra, nella regione dei fenici, presso la città di Sidone, in un piccolo villaggio chiamato Zarepta. Perché? Anche laggiù la siccità è molto dura. La terra dei fenici è la patria del dio Baal, che, guarda caso, tra le altre cose è il dio della pioggia; il Signore vuole così mostrare a Elia che egli è capace di vincere anche in trasferta. La terra di Baal dovrà accorgersi della presenza del Dio d’Israele.
La storia dell’incontro di Elia con la povera vedova straniera, la donna di Zarepta e il suo figlio, sembra portare a prima vista i lettori a riflettere sul miracolo compiuto per opera di Elia; la generosità della donna è ripagata con la farina della giara, che non finisce mai, e l’orcio, che non cessa di dare olio. In realtà, il narratore pone l’accento su altri aspetti della storia. In primo luogo Elia è invitato a partire (vv. 7‑9, saltati dal testo liturgico); il profeta non può restare fermo e deve andare là dove il Signore lo chiama. In secondo luogo, nel suo viaggio il profeta incontra persone attraverso le quali si manifesta l’azione di Dio, che dunque è sempre mediata dagli uomini, iniziando da Elia stesso, che per la donna diventa portavoce autentico di Dio (cf. 1Re 17,24!).
Ancora: il vero miracolo narrato in questo testo ‑ e qui già ci avviciniamo al testo evangelico ‑ è piuttosto la carità della donna; essa ancora non sa che Elia è un uomo di Dio, lo scoprirà più tardi (1Re 17,18) e comunque resta una pagana; la vedova vede in Elia soltanto un uomo affamato e assetato e non ha paura di dare a lui le ultime briciole che servono per vivere a lei e a suo figlio e lo fa fidandosi non tanto della parola di uno sconosciuto, quanto piuttosto del Dio al quale Elia si è appellato e del quale lei ha soltanto sentito parlare. È dunque la generosità della donna che risalta in primo piano ed è tale generosità che provoca il miracolo. C’è però ancora qualcosa da dire: in 17,8 il Signore parla a Elia; in 17,10 Elia parla alla donna; in 17,16 la donna inizia ad accorgersi che la parola del Signore, di cui Elia è portatore, è davvero efficace. In questo modo il racconto del libro dei Re vuole dirci che la generosità dell’uomo verso i poveri diviene un luogo autentico nel quale il Signore ci parla, e mostra l’efficacia di questa sua parola. Così, una chiesa che non è capace di mettersi dalla parte del povero diviene nello stesso istante del tutto incapace di ascoltare il Signore e, soprattutto, non è più in grado di parlare di lui. Anche il profeta Elia deve imparare dalla vedova questa lezione!
Il testo scelto dalla liturgia fa parte, come quello di domenica scorsa, del racconto della catechesi di Gesù nel tempio di Gerusalemme; la liturgia ha scelto di non leggere il più difficile testo di Mc 12,35‑37 (la controversia sull’identità di Gesù) per passare ai vv.38‑40, nei quali Marco compendia in poche righe l’accusa di ipocrisia rivolta da Gesù agli scribi, che in Matteo occupa un intero capitolo (Mt 23).
Passeggiando nel cortile del tempio, Gesù vede passare gli scribi, personaggi importanti e autorevoli, ai quali era deputata l’interpretazione e l’applicazione della legge mosaica. Gesù ne mette in luce l’atteggiamento errato: all’ostentazione della loro autorità (lunghe vesti, saluti nelle piazze, primi seggi nelle assemblee e nei banchetti) fa riscontro un comportamento morale terribile. Uomini religiosi in apparenza, che opprimono i più poveri del popolo; nel momento stesso in cui ostentano lunghe preghiere, «divorano le case delle vedove». Essi, come esperti della Legge, avevano in realtà il compito di soccorrere e aiutare le vedove; fatti forti della loro posizione se ne approfittano per guadagnarci sopra.
Le accuse di Marco non devono essere tralasciate, come se fossero rivolte a persone ormai scomparse. C’è da chiedersi quanto nella nostra chiesa sopravvivano atteggiamenti simili: chi sono gli “scribi” delle nostre comunità cristiane, che amano nascondersi dietro la propria autorità e confondono l’autorità con il servizio? Chi sono coloro che, avendo autorità nella chiesa, la sfruttano a loro personale vantaggio? Chi sono coloro che amano i primi posti e non si curano delle “vedove”? E, quel che è peggio, fanno finta di essere religiosi, di pregare a lungo, come scrive Marco. La denunzia fatta da Gesù in relazione a una comunità religiosa fatta di ipocriti diventa bruciante e ciascuno di noi dovrà trovare il modo per un serio esame di coscienza, personale e comunitario. Ma, come spesso accade nel Vangelo, Marco ci riserva sempre qualche sorpresa. La denunzia così sferzante si trasforma subito in uno stupendo esempio positivo, una povera vedova che Gesù stesso addita come modello da imitare.
Anche in questo caso le parole di Gesù non nascono da principi fatti calare dall’alto, ma da un’esperienza concreta. Nel cortile del tempio è presente un luogo dove si raccoglievano le offerte destinate al mantenimento del tempio stesso e al culto. E la storia ci ricorda che il tempio di Gerusalemme, non diversamente da tanti nostri santuari, compresi quelli dedicati a santi francescani, era molto ricco, per non dire traboccante d’oro, naturalmente utilizzato a maggior gloria di Dio! La storia ricorda ancora come molti ricchi usavano annunziare pubblicamente la loro offerta, per far conoscere a tutti la propria generosità, non diversamente da tanti uomini famosi che sbandierano a tutti le loro opere di beneficenza. Di fronte a tanta opulenza Gesù nota una persona che era sfuggita a tutti: una povera vedova, che in silenzio e senza che alcuno se ne accorga, getta nel tesoro del tempio due spiccioli, ovvero il corrispondente di un “quadrante”, l’unità monetaria più piccola nel sistema romano, 50 lire, con il metro di oggi.
Su questo gesto si fonda la catechesi che Gesù rivolge ai discepoli: chi è chiamato, come loro, a seguirlo, deve imitare una tale donna. Dove sta la differenza? 1 ricchi fanno presto a dare tanto: sarà comunque un “tanto” che per loro fa parte del superfluo; la donna ha dato nella sua povertà, come la vedova di Zarepta, tutto quello che aveva per vivere.
Questa è l’ultima frase che, nel racconto di Marco, Gesù pronunzia nel tempio, il luogo d’incontro con Dio per eccellenza. Così Gesù vuole indicare che il Signore non incontra in altro modo se non attraverso la condivisione, di cui i poveri per primi sono capaci. L’esempio della vedova non è un invito all’elemosina (che spesso è la scusa più ipocrita che possiamo trovare per giustificare il nostro benessere), né è una pia esortazione a farsi poveri; la povertà in quanto tale non è mai esaltata neppure da Gesù. È piuttosto una delle esigenze più radicali del Vangelo: la condivisione, appunto, e la scoperta che proprio chi non ha nulla può dividere con l’altro tutto ciò che a lui serve per vivere. In questo modo l’incontro con Dio diviene autentico. Così l’insegnamento pubblico di Gesù si chiude, secondo Marco, con un invito a giocare l’intera nostra vita al seguito di Gesù, anche se ancora dovremo leggere nel capitolo 13 l’annunzio del ritorno del Figlio dell’uomo.
Se il tempio è stato distrutto e tanti potenti, di allora come di adesso, sono scomparsi o scompariranno nel nulla, di quella vedova si conserva invece il ricordo ed è lei, come un tempo la donna di Zarepta, che davvero cambia la nostra storia.
Luca Mazzinghi
Avvisi della settimana
Gli appuntamenti della settimana. Le notizie e gli avvisi delle attività svolte in questa settimana.