III Domenica del Tempo ordinario – Anno B
Prima Lettura: Giona 3,1- 5.10
«Giona annunciò alla città di Ninive quanto Dio gli aveva detto: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno (…) Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male
che aveva minacciato di fare loro e non lo fece»
Seconda Lettura: 1 Cor 7,29 -31
«il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero (…) quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!»
Vangelo: Mc 1,14-20
Gesù (…) diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (…) vide Simone e Andrea (…) erano pescatori (…) disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito lasciarono le reti e lo seguirono»
Da questa domenica riprendiamo la lettura continuata del Vangelo di Marco e ricominciamo con il racconto che Marco fa della chiamata dei primi discepoli, molto diversa dalla versione di Giovanni che abbiamo ascoltato domenica scorsa. Marco parte da un passaggio di testimone, da Giovanni a Gesù. Giovanni è arrestato, la voce che gridava nel deserto, ora non può parlare, gli è stata tolta la voce, la possibilità di poter annunciare. Allora inizia Gesù, prende questo testimone e inizia ad annunciare il Vangelo. Ecco Marco mettere relazione di causa effetto questo passaggio: Giovanni è arrestato allora Gesù inizia la sua predicazione.
Questo passaggio ha due significati e ci impone due riflessioni che possiamo fare. La prima: l’arresto di Giovanni aveva messo in crisi la comunità dei discepoli di Giovanni, ma di fronte a questo momento di difficoltà ecco che nasce qualcosa di nuovo. Gesù non si arrende alla difficoltà, ma coglie questa come l’occasione per dire “Il tempo è compiuto” (letteralmente “il tempo è pieno”) e da inizio un annuncio nuovo. Anche noi stiamo vivendo il tempo difficile della pandemia, un tempo di difficoltà: invito voi tutti quanti a cogliere questo tempo non come una disgrazia, un tempo da dimenticare il prima possibile. Certo, speriamo che finisca il prima possibile, ma questo tempo può essere un tempo prezioso per noi, un tempo che ricorderemo non solo come una disgrazia, ma come una occasione se vogliamo, per avere scoperto qualcosa di nuovo, di importante per noi. Questo è quello che ha fatto Gesù.
La seconda riflessione: Giovanni è colui che precede, il Precursore, colui che traccia un cammino che sarà percorso dal suo successore. Per Gesù, Giovanni è stato un segno, mediatore e tramite della volontà di Dio. Lo è stato con il suo ministero, lo è con il suo arresto, lo sarà con la sua morte. Per questo il passaggio da Giovanni a Gesù, non è un semplice passaggio di testimone, racconta qualcosa di nuovo: se Giovanni annunciava un’attesa, Gesù attesta una presenza; se Giovanni annunciava delle promesse, Gesù parla della realizzazione di queste promesse. Il tempo è concluso, è pieno, il regno dei cieli è vicino, convertitevi e credete nel Vangelo.
Gesù proclama, annuncia il Vangelo. L’annuncio del Vangelo è l’annuncio di una buona notizia, e vorrei soffermarmi su questo. Gesù va nella Galilea, verso nord, nella zona più lontana dalla Giudea dove c’era il Tempio. La Galilea è la regione dove gli ebrei erano mescolati ai pagani, oggi la chiameremmo una periferia del mondo. Gesù va lì dove incontra la gente, dove può annunciare a tutti il regno di Dio e invitare a credere nel Vangelo.
Vangelo significa buona notizia, è una parola che libera, che non opprime. Gesù non annuncia principi, non annuncia una morale, non annuncia una serie di dogmi da accettare, ma annuncia una buona notizia, annuncia il Regno di Dio che è lui. Annuncia una gioia, un amore che è presente nella nostra vita. Spesso quando leggiamo il Vangelo, noi abbiamo una brutta abitudine: siamo stati abituati a leggere il Vangelo come un insieme di norme morali da seguire. Se leggo il Vangelo e se non ne seguo gli insegnamenti faccio peccato e devo confessarmi, perché non seguo le norme del Vangelo. Non è così, questa è una chiave di lettura sbagliata. La chiave di lettura è la parola stessa, Vangelo, cioè, buona notizia, una parola che libera. Attraverso il vangelo Gesù racconta se stesso, è narrazione dell’amore di Dio. In quelle parole Gesù parla al mio cuore, mi racconta di se, mi fa entrare in intima comunione con lui e mi riempie del suo amore.
Facciamo un esempio. Se nel Vangelo leggo di Gesù dice ai discepoli “Amate i vostri nemici” io non posso stare a ragionare dicendo “beh, io non riesco ad amare i miei nemici, allora sbaglio e non posso riuscire a seguire il Vangelo” ma sono chiamato ad ascoltare quelle parole come rivolte a me da Gesù che mi racconta come lui intende l’amore: amare per Gesù vuol dire amare anche il proprio nemico. Accogliere questa parola è accogliere la buona notizia che quando io sono nemico lui mi ama. Mai io sono abbandonato da lui, qualunque sia la mia situazione io sono amato da lui. Anche quando gli sono nemico lui mi ama. Per cui non devo sentirmi in colpa, ma avvertire come questo amore che sia più forte del mio male. E devo saperlo accogliere, perché questo amore mi libera, mi dà una opportunità nuova. L’annuncio di Gesù e del Vangelo è questo: annuncia la sua presenza, il regno di Dio, un regno di amore che accoglie tutti, di cui la Chiesa è segno. La chiesa è chiamata ad annunciare che il regno di Dio è per tutti e tutta l’umanità è chiamata a far parte Del Regno di Dio nel vivere nella sua pace e nello sperimentare il suo amore.
Dopo questo annuncio, Gesù chiama i discepoli. Anche qui è interessante notare che Gesù non va a chiamare i suoi discepoli nel tempio, fra i devoti, ma va incontro alle persone nella loro vita di tutti i giorni, mentre stanno lavorando: vede dei pescatori e li chiama. È interessante cogliere anche solo il fatto che Gesù “chiama”, perché di solito un rabbi (un maestro) non chiama i suoi discepoli: Giovanni non ha chiamato a sé i suoi discepoli, era la gente che andava da lui perché era interessata a ciò che Giovanni proclamava. Gesù invece chiama e chiama come Dio: così come Dio ha chiamato Mosè e Davide intenti a pascolare il gregge, durante il loro lavoro, o Eliseo chiamato mentre arava i campi. Così Gesù chiama Simone e Andrea intenti nel loro lavoro, mentre riassettavano le reti, chiamerà Matteo mentre lavora al banco delle tasse.
Gesù chiama a sé, chiama a vivere una relazione, un rapporto d’amore con lui. L’amore nasce così, da una dichiarazione d’amore, da una chiamata. “Io ti amo e voglio stare con te”. Ti chiedo di stare insieme. È questo l’invito che fa Gesù, e Marco lo sottolinea in maniera ancora più forte quando dice che subito i pescatori, lasciarono tutto, la famiglia, il padre, il lavoro e lo seguirono. Richiama la Genesi quando si parla dell’uomo e della donna che stanno insieme: «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» Gen 1,24. È una relazione d’amore quella che Gesù viene a proporre a noi.
Marco mette in evidenza quel lasciare “subito” perché possiamo cogliere questa proposta d’amore per noi e ci chiede di lasciarci investire da questo amore. Questi discepoli vivevano la loro vita anche abbastanza tranquilla: pescavano, mangiavano, dormivano, avevano una famiglia con cui stare insieme. E il giorno dopo ancora pescavano, mangiavano, dormivano. È, in pratica, la nostra vita. Ma la nostra vita può essere solo la ripetizione di queste cose o è qualcosa di più? Gesù invita i pescatori ad essere pescatori di uomini, cioè ad allargare i propri orizzonti, a essere capaci di guardare alla propria esistenza dandole un significato nuovo, ed è l’invito che fa a ciascuno di noi: seguire Gesù, essere suoi discepoli, rispondere alla sua chiamata vuol dire accogliere il suo amore e dare una nuova prospettiva, una conversione alla nostra vita. Annunciare a tutti questa speranza, la gioia della comunione con Dio.