VII domenica di Pasqua – Anno B
ASCENSIONE DEL SIGNORE


Prima lettura: Atti degli Apostoli – At 1, 1-11
«(…)  Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. (…) -Non spetta a voi conoscere i tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni (…) fino ai confini della terra  – . Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. (…)».

Seconda lettura: lettera di San Paolo apostolo agli Efesini – Ef 4, 1-13«A ciascuno di noi (…) è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: – Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose (…)».

Vangelo: Marco – Mc 16,15-20
«In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: – Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno (…)».



Che cosa celebriamo oggi nell’Ascensione del Signore? Celebriamo la conclusione della sua missione. Lui è venuto dal Padre e al Padre ritorna. “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al padre” (Gv 16,28)
Questa realtà è una realtà legata alla resurrezione; faccio notare che gli evangelisti collocano la resurrezione, l’ascensione e il dono dello Spirito nell’unico giorno di Pasqua. È solo Luca che dà un itinerario cronologico a questi eventi su cui la liturgia ha costruito il suo percorso.


Questo serve a noi per entrare dentro il mistero della resurrezione e comprenderne il senso. Parlare di Gesù che ascende al cielo vuol dire cogliere che lui porta con sé l’umanità: il corpo, la carne è inserita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito. Noi facciamo parte della divinità di Dio. L’ascensione diventa una speranza certa, una memoria della nostra vocazione a diventare un tutt’uno con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Entriamo davvero nella piena comunione con il Padre, partecipiamo della stessa gloria, già ora. Dovremmo avere fin d’ora la consapevolezza che la nostra vita è già inserita nella vita eterna, già inserita in questo disegno di salvezza che Dio ha riservato per noi: partecipare alla sua gloria.
Lo dice Paolo nella lettera agli Efesini, «cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?». C’è una parabola tracciata da chi ascende al cielo perché è colui che prima di tutto è sceso tra di noi, si è incarnato, ha rinunciato al suo privilegio di essere Dio per farsi uomo, per assumere la nostra umanità, per condividere con noi la vita. Ed è questa vita, questa umanità che lui porta nel seno del Padre, nella comunione piena con lui.
È la stessa parabola che descrive Isaia a proposito della Parola:
«Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,… così sarà della mia parola».

Dio discende dal cielo per condividere con noi la nostra vita, la nostra esperienza, prende su di sé la nostra umanità e la porta nella comunione col Padre. Allora diventa urgente per noi, rinnovare questa speranza, cogliere questo evento come una fonte di gioia per noi, per saper dare significato a ciò che viviamo.

Sono interessante le parole che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Marco, in cui si ricorda che Gesù appare agli undici e dice “Andate e, annunciate il Vangelo a tutte le creature”.
Interessante il fatto che sino a qualche versetto prima, Marco aveva continuamente fatto notare come i discepoli fossero increduli, paurosi, incapaci di vivere e di cogliere il senso della resurrezione. Proprio a questa comunità, barca traballante e sballottata, Gesù affida la missione! È paradossale ma è così.
Gesù non si ferma davanti alle fragilità dei discepoli, non li giudica, ma li accoglie così come sono, con le loro fragilità, con le loro paure, con i loro limiti. Non dice “ora siete pronti, vi ho spiegato tutto, andate” ma nella loro incredulità dice “andate e annunciate il Vangelo a tutte le creature”.
Gesù ci invita, ci sceglie per andare, per annunciare a tutte le creature l’amore di Dio. Questa è la responsabilità che noi abbiamo.

Marco dice: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo». Prima di salire al cielo Gesù ci ha lasciato la parola, ci ha lasciato la sua presenza attraverso la parola che lui ha annunciato. Noi, nel fidarci della sua parola, facciamo sì che le sue parole diventino vita in noi.
Nell’esperienza dell’essere amati ci chiede di annunciare a tutti questa speranza. L’invito a “battezzate” non significa “andate e celebrate il sacramento del battesimo”. Il termine “battesimo” vuol dire “immersione”. Gesù dice “andate e immergete le persone nell’amore di Dio”. Il segno del battesimo come sacramento è dato dopo, come segno, ma l’invito che Gesù fa è l’invito a immergere ogni persona nell’amore di Dio, perché ognuno possa fare l’esperienza di questo amore. Questo è l’annuncio a tutte le creature, l’annuncio a tutto ciò che è nato e creato da Dio. Lo aveva compreso bene san Francesco quando insegnava ai suoi frati “predicate sempre il vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”.
È la vita che annuncia. Ecco perché, Gesù quando parla dell’annuncio lo lega subito ai segni che lo accompagnano:
– Scacceranno i demoni: vuol dire che il male arretra. Chi vive nell’amore, chi ha il cuore pervaso dall’amore di Dio, fa arretrare il male, la logica del male.
– Parleranno lingue nuove: lo vedremo anche nella Pentecoste, sapranno parlare la lingua che tutti comprendono, la lingua dell’amore.
– Se prenderanno il veleno dei serpenti non ne avranno danni: è il non lasciarsi condizionare dal male. È non lasciare che il male ricevuto ci porti al rancore, alla vendetta. Certo il male c’è, lo sperimentiamo ogni giorno, ma questo male non ha potere su di me, perché sono forte di questa relazione con Lui.
– guarire i malati: la capacità di curare i malati, stare accanto, donare speranza soprattutto a chi soffre perché possa aprirsi alla consapevolezza che il Signore è lì accanto a noi e che lotta con noi contro ogni forma di male.
Negli Atti degli Apostoli abbiamo ascoltato come ai discepoli che avevano visto Gesù salire al cielo «due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». Andate, annunciate! Noi siamo chiamati a vivere fino in fondo la nostra umanità, la nostra storia, affrontare le difficoltà della nostra vita, forti di questa speranza, certi che già ora partecipiamo alla pienezza dell’amore di Dio. Certi che ogni nostro momento è l’occasione di vivere la gioia di partecipare alla comunione con il Padre, nell’amore dello Spirito, nella consapevolezza che niente di potrà separare da Cristo.
Allora la nostra vita diventa annuncio, diventa il quinto Vangelo, il Vangelo che tutti possono cogliere, vivere, sperimentare perché lo vedono reale nella nostra vita. È nel modo con il quale noi ci poniamo di fronte all’altro, con lo sguardo, con l’attenzione con l’amore che possiamo vivere e sperimentare fra noi la speranza della resurrezione.