Da Ain Arik – preghiera per la pace

La Comunità di Ain Arik

Ad Ain Arik, paesino sulle sponde di un wadi, cioè un torrente che in estate è in secca, il campanile suona il mattutino e il minareto risponde.
Il villaggio di Ain Arik è situato a circa 6 km a nord-ovest di Ramallah; consta di 1800 abitanti dei quali meno di un terzo sono cristiani (circa 260 ortodossi e 150 latini), e due terzi musulmani. La convivenza tra le due comunità religiose è pacifica ed improntata a solidarietà, forse anche a motivo della comune sofferenza legata all’occupazione israeliana.
Sul limitare, un convento, dove fin dal 1988, su richiesta dell’allora patriarca Michel Sabbah, vive la comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata, figli spirituali di don Giuseppe Dossetti.
La comunità, attualmente composta da 5 sorelle e due fratelli, di cui un prete, collabora con il parroco latino nei confronti dei cristiani presenti soprattutto in un servizio per la messa domenicale, nella preparazione ai sacramenti, e in un appoggio spirituale ai cristiani (confessioni, colloqui, momenti di preghiera). La messa domenicale, come tutta la preghiera liturgica comunitaria da Mattuttino a Compieta, si svolge in arabo.

Insieme per la pace

La prima domenica del mese abbiamo pensato di dare spazio ad una riflessione o ad una preghiera che le monache e i monaci della Piccola famiglia dell’Annunziata insieme alla comunità cristiana di Ain Arik ci proporranno per condividere con loro la situazione difficile e drammatica della guerra e del lungo e faticoso percorso che ci aspetta nel ricostruire quei rapporti che superano la paura e l’odio che la violenza genera.
È un piccolo di gesto per dire a noi e a loro che non siamo soli, ma che camminiamo insieme nel costruire la pace.

Qui riportiamo ogni mese ciò che la comunità di Ain Arik ci propone.
Di seguito la sezione commenti per condividere con un proprio pensiero.

1 dicembre 2024

Carissimi sorelle e fratelli delle parrocchie di san Lorenzo e di san Quirico a Firenze e di san Romolo a Bivigliano, e carissimi don Marco Cioni e don Luca Mazzinghi, abbiamo accolto con gioia l’invito a partecipare alla vostra preghiera per la pace. La prima parola che vi rivolgiamo in questo incontro è: grazie di cuore. È per noi, sorelle e fratelli della Piccola Famiglia dell’Annunziata di don Dossetti che risiede in Ain Arik, ma anche per tutti i cristiani di questa parrocchia palestinese che ci ha accolti da tanti anni, un grande conforto sapere che pregate per noi, per questi popoli, per la pace. Crediamo e speriamo che questo rafforzerà quel vincolo di carità, fede e speranza che abbiamo in comune. Anche noi saremo impegnati a pregare per voi.
Avremo il modo col tempo di conoscerci.
Parteciperemo ai vostri incontri presentandovi un pensiero, una intenzione che riguarda questa terra, questi popoli. Ogni volta, sarà uno di noi a farlo, nei modi e con le parole che ognuno crede. Vorremmo anche lasciare che a parlare possano essere il parroco e i fedeli della parrocchia.
Per questo primo momento di preghiera abbiamo pensato innanzitutto perciò che dobbiamo ringraziare il Signore per questa iniziativa. Sarà una lode a lui gradita.
In secondo luogo l’intenzione di preghiera per questo incontro, è che le armi finalmente tacciano. Le armi che provocano morte, alimentano l’odio e uccidono la speranza. Senza di questo non può iniziare nessun cammino verso una difficilissima, ma crediamo possibile, convivenza dei due popoli che abitano questa terra. I numeri dicono che non c’è altra possibilità che la convivenza. Sono più di sette milioni gli ebrei e sono altrettanto i palestinesi. Ogni pensiero di nazionalismo esclusivo, e oggi sono tante le voci che si levano in questo senso, si scontra con questo dato. È un dato che perciò deve essere ascoltato e che deve portare non a pensieri che prevedano l’eliminazione dell’altro, ma a cercare il bene dell’altro, comprendere che l’altro è una possibilità per crescere. Ma questo cammino può iniziare solo con il silenzio delle armi, a cui dovranno seguire altri passi ispirati sempre dalla ricerca della convivenza. Un cammino davvero difficile, ma che non ha alternativa.
A questa intenzione ne aggiungiamo una più particolare, pregate per i nostri giovani. Negli incontri che facciamo con loro sentiamo che la speranza di un futuro è quasi sparita. Il fatto che siano i giovani a provare segni di mancanza di speranza è il segno di due società ormai esauste.
Davvero ancora grazie di cuore.

Per questa volta, Sandro.

I nostri commenti:

1 commento

  1. Nel 1998 nel mio secondo Viaggio in terra santa, insieme ad un gruppo di giovani, ho incontrato la comunità cristiana di Ain Arik. Mi ricordo in maniera particolare come la comunità ci accolse con gioia e con un po’ di sorpresa, perché nonostante i tantissimi pellegrinaggi che portano in terra santa fedeli da tutto il mondo, nessuno almeno in quel tempo si fermava ad incontrare le comunità cristiane che vivono nel territorio. Questo ricordo mi ha suscitato l’idea di ritrovare con loro un collegamento e una opportunità per condividere la preghiera e una riflessione sul faticoso cammino della pace che insieme siamo chiamati a vivere.
    Ad una comunità cristiana che vive sull’orlo della miseria, sull’orlo di una guerra perenne, di un confine doloroso che impedisce gli scambi liberi e le comunicazioni, vogliamo unirci per sostenere chi nonostante la paura e l’odio che la guerra procura, non cede alla violenza, ma coltiva gesti di riconciliazione e convivenza. Sono germi di bene che covano in angoli sperduti, e germogliano.

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